NEW ECONOMY

 

La new economy è figlia della rivoluzione tecnologica avvenuta negli ultimi trent’anni nel campo delle conoscenze informatiche.

Questa rivoluzione ha consentito lo sviluppo e la diffusione del computer come strumento per l’elaborazione dei dati e, grazie alla fusione con il mondo delle comunicazioni, ha reso possibile far viaggiare enormi quantità di informazioni in tutto il pianeta sconvolgendo le regole economiche e sociali.

Uno dei settori dell’economia che ha subito le modificazioni più importanti, è quello finanziario con la riorganizzazione delle Borse e la nascita dei mercati over-the-country.

Ma cambiano anche i rapporti fra le imprese tramite la distribuzione digitale e la mega fiera permanente del B2b (business to business), nella quale ogni azienda ha a sua disposizione centinaia, migliaia di offerte che vengono da ogni parte del mondo.

Le biotecnologie, hanno anch’esse un ruolo centrale nello sviluppo e nel miglioramento della società e dell’economia: la loro importanza è legata alla crescita della popolazione mondiale che necessiterà, in un futuro prossimo, di maggiori risorse alimentari.

L’era dell’accesso è l’era della riproduzione su scala globale delle istituzioni sociali resa possibile dai sistemi informatici e dal sistema delle comunicazioni che hanno trasformato gli individui in cittadini di un mondo omogeneo.

La cosa più importante nell’era dell’accesso è essere collegati alla rete, ad internet che sta diventando, ormai, l’unica porta d’entrata verso il mondo dell’economia e non solo.

    Per capire a fondo come stia cambiando il modo di vivere degli uomini negli ultimi cinquant’anni, è utile ripercorrere brevemente la storia dell’uomo sulla terra guardando con attenzione alle interazioni fra gli individui della stessa specie, ai vari modi di comunicazione e trasmissione delle informazioni che si sono succeduti nel tempo.

    Da tutta una serie di indizi e dalle somiglianze fra umani ed animali, si può desumere che migliaia di anni fa i mezzi di comunicazione, e quindi di interazione fra gli esseri umani, fossero semplici sistemi di segnali come gesti, suoni, tatto e olfatto. Col tempo l’uomo si differenziò dagli animali per il compimento di tutte quelle attività  definite linguaggio: l’insieme di mezzi espressivi cioè simboli, gesti e suoni articolati e complessi, conosciuti e condivisi da gruppi di individui.

    Nasce con l'uomo l'esigenza di interagire con i propri simili attraverso forme di comunicazione sempre più evolute: dal linguaggio mimico alla danza, dal canto alla musica, dalla pittografia alla comunicazione verbale e scritta. Ma con l'evoluzione dell'uomo e delle sue capacità intellettive nascono nuovi bisogni e gli uomini che formano le prime tribù e che dispongono di un linguaggio comune imparano a tramandare le proprie conoscenze attraverso incisioni su supporti fisici rilevabili al di là del tempo e dello spazio.

   Il linguaggio si è diffuso velocemente in tutto il mondo ma ogni tribù, ogni gruppo più o meno ampio, ha generato un modo di comunicazione tutto suo.

    Circa Settemila anni fa, nasce uno strumento importantissimo per la crescita intellettuale dell’uomo: la scrittura, un sistema di codifica che ha cambiato la storia dell’uomo perché gli ha permesso di tramandare pensieri, tradizioni e conoscenze nel tempo, e in seguito grazie a supporti d’informazione leggeri (come ad esempio la “carta pecora”), anche nello spazio.

    L’ultimo grande avanzamento delle tecnologie della comunicazione è avvenuto con il passaggio dalla trasmissione manoscritta e orale della cultura alla stampa. Attraverso la stampa è stata possibile istruire generazioni intere a vantaggio di un migliore e più rapido progresso di tutto il genere umano.

    Da allora solo nell’ultimo secolo è cambiato qualcosa: l’uomo grazie agli strumenti informatici attuali è riuscito a comunicare con i propri simili senza limiti di spazio e di tempo, nello stesso istante in cui  si decide di comunicare con un altro individuo lontano anche migliaia di chilometri, basta alzare la cornetta telefonica e le distanze si annullano quasi completamente.

    L’ultimo ritrovato della tecnologia che ha ulteriormente cambiato il mondo dell’informazione e della comunicazione è la rete. Oggi il computer sta riorganizzando le comunicazioni in modo tale che gli stessi concetti di sequenzialità e causalità sono sostituiti da quelli di continuità e integrazione: la rete è un ipertesto che, in quanto tale, è caratterizzato dalla presenza di più blocchi di testi, note illustrazioni ecc, dai quali si accede ad altri testi senza una logica di inizio e fine come accade, invece, in un libro a stampa che è lineare e con un numero limitato di dati.

    La rete è al centro della nuova rivoluzione sociale ed economica in atto: internet è il lubrificante della nuova era e grazie ad esso le informazioni viaggiano ad alta velocità riducendo lo spazio e il tempo di comunicazione fra individui. Il fatto di aver creato una rete elettronica a portata del comune cittadino, della più piccola impresa, del piccolo come del grande risparmiatore, ha significato una rivoluzione senza pari che ha come denominatore comune la generazione di ricchezza da parte delle idee e delle conoscenze piuttosto che dalle innovazioni e dalla flessibilità.

   Qui di seguito, è riportata una tabella che illustra gli sviluppi dei trasporti e delle comunicazioni che hanno trasformato il mondo dall’antichità ad oggi.

 

 

 La nuova economia non è soltanto internet oppure una semplice fase di euforia dei mercati, ma è molto di più: essa racchiude in se tutte le novità tecnologiche - i DVD, i telefonini a banda larga, le applicazioni laser…- ma con una componente nuova cioè la velocità con la quale si succedono, si accavallano, si rimescolano. La ragione di tutto ciò nasce insieme al “web” cioè alla ragnatela, alla rete informativa che circonda e collega tutto e tutti e proprio per tale motivo molti economisti preferiscono definite la nuova era economica non new-economy (in semplice contrapposizione alla vecchia economia) ma net-economy perché in tale termine vi è un elemento distintivo preciso, net, appunto, rete.

   La rivoluzione in atto non poteva che nascere negli USA terra che per antonomasia è la culla delle innovazioni e della velocità di adattamento in ogni ambito.

    Di New Economy si parla per la prima volta in America nel 1997 per opera del giornalista del <<Wired>> Kevin Kelly. Egli non fa che analizzare, però, solo una fase della rivoluzione e vale a dire quella relativa alla crescita dell’economia tramite lo strumento internet. In realtà internet non sarebbe nata se, negli anni Sessanta e Settanta, non si fosse sviluppato il famoso distretto tecnologico di Silicon Valley nei pressi di San Francisco e San Josè. E’ lì che proliferano aziende produttrici dei chip per computer.

    La nascita e lo sviluppo dell’ hardware sono stati seguiti inevitabilmente da quelli del software cioè dei programmi applicativi necessari al funzionamento dei PC. Negli anni Ottanta comincia la famosa ascesa di Microsoft, l’azienda fondata da Bill Gates. Internet, invece, è accessibile al mondo intero solo da pochi anni anche se la nascita può essere fatta risalire agli anni Sessanta, quando il Pentagono ha iniziato ad esplorare la possibilità di offrire a persone separate nello spazio e nel tempo la condivisione del medesimo computer, il progetto divenne operativo nel 1969 col nome di Arpanet e solo in seguito assunse la popolarità col nome internet.

  

   Il sociologo americano Manuel Castells, uno dei più acuti teorici dell’economia dell’accesso e delle sue ripercussioni culturali, associa la new economy alla libertà e all’individualismo degli imprenditori, creativi e più autonomi e quindi più flessibili e innovativi rispetto al passato.

   In un ambiente simile conta più il capitale intangibile che quello materiale. L’economia del passato aveva la sua fisicità, legata a prodotti solidi, grandi, pesanti; la qualità andava d’accordo con la solidità mentre nella nuova era cambia la proporzione fra tangibile e intangibile.

   L’azienda oggi impiega il software, non fatica ed energia, per diventare più efficiente ed integrata.    Sempre più spesso osserviamo che ciò che dà valore ad un prodotto non sono soltanto le caratteristiche fisiche, come le dimensioni e il peso, bensì gli elementi intangibili che ruotano attorno al prodotto stesso, quali la conoscenza, le informazioni, i servizi, il software e l’intrattenimento.

   Diventano meno importanti le enormi industrie con pesanti attrezzature e magazzini pieni di merci; infatti, oggi pensiamo alla nostra industria e la definiamo leggera proprio in contrapposizione a quella pesante di qualche decennio fa.

  Le aziende dell’era dell’accesso sono così leggere che persino il loro Stato Patrimoniale è divenuto immateriale grazie a strumenti come il leasing e la cessione di attività e funzioni all’esterno verso società specializzate (outosourcing).

   Non bisogna dimenticare che la fisicità non è del tutto scomparsa come gli economisti ci invogliano a credere cosi come non è vero che l’industria leggera non ha i suoi lati oscuri.

    Alcuni strumenti della new economy sono deleteri per la crescita del benessere delle comunità. Ad esempio il Just in time, tecnica che consiste nella riduzione a “zero” delle scorte di magazzino, aumenta il numero di viaggi dei tir e di altri mezzi di trasporto dalle industrie fornitrici a quelle utilizzatrici di materiali e quindi aumenta l’inquinamento atmosferico. Ciò ci ricorda che l’era dell’accesso, che dovrebbe essere caratterizzata dall’assenza di beni materiali o quanto meno dalla loro scarsa importanza, è dominata dall’ l’oro nero il quale, restando ancorato all’economia, provoca ancora degli “shock”  in tutto il mondo e soprattutto nei paesi industrializzati che, almeno sul petrolio non hanno potere.

 Ancora, l’idea di possedere un’azienda “virtuale” come quella, ad esempio, della Nike non significa che le scarpe non vengono più prodotte fisicamente ma soltanto che l’enorme industria delle scarpe invece di essere territorialmente vicina ai rivenditori e agli utilizzatori si trova in un angolo sperduto del mondo; significa che quell’industria è lontana da ogni tipo di controllo sugli effetti delle trasformazioni tecniche dei materiali sull’ambiente circostante.

 Proprio perché il prodotto fisico non ha più l’utilità che aveva in passato sia per gli utilizzatori del bene finale, sia per i produttori, spesso sono tralasciate regole importanti nella trasformazione chimica degli elementi che si traduce spesso e volentieri in un aumento della dannosità dei beni stessi per gli esseri umani e per la natura.  Chi vuole farci credere che l’ambiente beneficia della nuova economia perché essa crea una rete di imprese che si controllano un l’altra integrate come sono nel groviglio della rete stessa, nasconde la verità dietro una sola faccia della medaglia.

 

   E’ innegabile che internet ha portato con se mutamenti nelle relazioni fra i soggetti economici e così facendo ha influenzato l’intera società, a partire dal potere dei governi nazionali fino ad arrivare ai singoli cittadini del mondo.

   Da secoli gli economisti di tutto il mondo discutono dell’opportunità di preferire la mano invisibile del mercato a quella, per alcuni definita invasiva, dello Stato. A parte le degenerazioni dell’intervento statale in assistenzialismo, si potrebbe affermare che il ruolo attuale dello Stato di controllore esterno rispetto ai meccanismi autonomi del mercato, ha avuto molta importanza nella nascita  e nella crescita della new economy.

    Lo strumento chiave della politica economica è l’antitrust, che ha favorito la nascita di un mercato vasto come quello on line nel quale ogni soggetto economico ha a sua disposizione centinaia di offerte che vengono dalle parti del mondo più diverse, a prezzi che, vista la concorrenza sono bassi. La sfida per i governi è di creare le condizioni che permettano a nuovi soggetti economici di mettere in discussione i monopoli del passato ma, la deregolamentazione dei sistemi di comunicazione sta spogliando gli Stati nazionali della capacità di supervisionare e controllare le comunicazioni nell’ambito dei propri confini.

   Inoltre vi è chi teme che una legislazione statale sul commercio elettronico, possa soffocare la nuova economia per l’effetto che avrebbe un eccesso di regole che combattano gli hachers, che difendano la privacy degli utenti o, più in generale, che tutelino i consumatori nell'e-commerce.

   Resta il fatto che la nuova economia sta deperendo lo Stato nazionale a causa soprattutto della minaccia alla sovranità fiscale. Più si sviluppa il commercio elettronico su internet, difficile da domiciliare e quindi tassare, più gli Stati rischiano di veder scomparire una parte della propria base imponibile, e quindi del gettito; inoltre è impossibile credere di poter controllare tutte le transazioni che avvengono nel cyberspazio.

   Il declino dello Stato nazionale sta diventando particolarmente evidente anche nelle questioni che riguardano le relazioni intrattenute con le multinazionali; esse hanno esercitato forti pressioni sui governi riuscendo a spogliarli persino del diritto di porre limiti e vincoli allo sfruttamento del lavoro e alla salvaguardia dell’ambiente. Internet rende più facile il trasferimento di certi mestieri nei paesi emergenti, sfruttando il basso costo della manodopera. La globalizzazione intesa in questi termini mostra un altro lato negativo della nuova economia.

    I meno istruiti, coloro che lavorano in settori industriali tradizionali vedono soffiarsi il posto di lavoro dai concorrenti del terzo mondo che riescono ad ottenere salari molto bassi a causa di un livello di vita ai limiti della sopravvivenza. La new economy e la sua famelicità di “brainpower”  (energia cerebrale) taglia fuori non solo una generazione di occidentali poco scolarizzati ma anche il 65% della popolazione mondiale che non ha mai fatto una telefonata.

    La disparità di reddito e di ricchezza fra la popolazione più ricca del mondo e quella che non sa neanche cosa sia il ciberspazio, sta crescendo tanto rapidamente quanto le polemiche e i dubbi sulla opportunità che la nuova economia debba continuare a svilupparsi senza il controllo e senza regole che possano ridurre gli squilibri ed aiutare i più deboli.

   La New Economy, è vero, nasce da una cultura profondamente individualista, ma il problema della concentrazione del potere e sempre stato presente nella storia ed evoluzione del capitalismo, d’altra parte se è vero che la capacità di accesso dipende molto dall’ambiente familiare e dal livello di reddito, è anche vero che essa promette successo a chiunque abbia un buon patrimonio di conoscenze piuttosto che di risorse fisiche. Purtroppo ormai le conoscenze hanno anch’esse un costo che per alcuni è divenuto insostenibile: ad esempio le migliori università ed intelligenze scientifiche si trovano vicino alle imprese più avanzate del settore informatico vale a dire negli Stati Uniti d’America; vivere e studiare lì è concesso solo alle persone più agiate oppure a quelle particolarmente meritevoli.

   Sul fronte occupazionale, le cose non sono cambiate: il mercato del lavoro ha delle fasi di crescita e di declino strettamente correlate alle fasi di crescita o contrazione dell’economia nel suo complesso. E’ persino inutile sottolineare che il cambiamento è nelle nuove specializzazioni e nella revisione degli interi assetti organizzativi, che semplicemente seguono il cambiamento in atto in ogni ambito economico aziendale.

   Il lavoro non fa che moltiplicarsi nelle aree in cui l’economia cresce a dispetto delle tesi catastrofiche dei futuristi, che vedono nei progressi dell’elettronica (più in particolare nell’elettronica molecolare) la possibilità di vedere in giro macchine mostruose, capaci di superare l’intelligenza umana e di riprodursi senza l’aiuto dell’uomo entro il 2030. Da questo scenario da film neanche tropo originale,  negli Stati Uniti hanno preso il via movimenti cyber-terroristi come l’ergastolano Theodore Kaczynski detto “unabomber” che sta scontando la pena per vari attentati a scienziati informatici.

   Anche se per i lavoratori ci sarà un periodo difficile caratterizzato da licenziamenti e riqualificazione, la tecnologia coi suoi progressi aumenta il tempo libero e crea nuove opportunità di lavoro anche in settori tradizionali come quelli dell’agricoltura o dell’edilizia.

                                

    Se considerassimo l’economia come informazione organizzata a scopi produttivi, capiremmo meglio il ruolo di Internet nello sviluppo della nuova economia e il cambiamento del modo di vivere delle imprese d’oggi. L’imperativo è essere presenti in rete cioè nel circuito che lega imprese a imprese, quello che comunemente è conosciuto come “business to business” o B2B. Il ruolo di internet nel commercio al dettaglio, quello indirizzato al consumatore finale, è limitato e destinato in futuro ad assestarsi, esso è solo uno dei tanti canali alternativi a disposizione del consumatore affianco alle vendite su catalogo per corrispondenza. In realtà molto più sviluppata è la rete B2B cioè, come già detto, l’utilizzo di internet nelle relazioni fra imprese. Essere in rete significa avere molteplici possibilità di abbassare i costi di produzione grazie alla riduzione del costo dell’informazione; in tal modo aumentano i profitti per le imprese e ciò dovrebbe tradursi in una diminuzione della spesa dei consumatori che, a loro volta, essendo risparmiatori avrebbero la possibilità di utilizzare il risparmio per investimenti in borsa.

    Purtroppo le cose non vanno esattamente in questo modo: i consumatori non beneficiano quasi per niente della riduzione dei costi. L’era dell’accesso, infatti, si caratterizza per la confutabilità di una regola della vecchia economia vale a dire il teorema dell’utilità marginale di un bene. Secondo tale teorema, all’aumentare della disponibilità di un bene sul mercato, ne diminuisce l’utilità e quindi il prezzo che si è disposti a spendere per l’acquisizione di un’ulteriore unità del bene in questione.

   Nella nuova economia, più un bene è presente sul mercato, più esso acquista valore per i consumatori perché aumenta in loro il desiderio del possesso. Un esempio ne è il modem per il collegamento alla rete: fino a pochi anni fa erano in pochi a possederlo e quindi erano pochi i collegamenti effettuabili e le informazioni disponibili; negli ultimi tempi quasi in ogni casa c’è un PC e quindi chi non è collegato alla rete si sente tagliato fuori dal mondo oppure il mondo in un modo o nell’altro lo taglia fuori. Internet è sentito come uno strumento carico di utilità e proprio perché la domanda del bene continua ad aumentare, il prezzo non decresce nonostante l’aumento delle unità prodotte e vendute.

 

   Un’altra regola della vecchia economica ci spiega che in un’economia in via di sviluppo è bene che il risparmio prevalga sul consumo, per trasformarsi in investimenti ed è difficile, invece, pensare che ci siano paesi di questo genere nell’ambiente economico degli ultimi decenni. I paesi maturi, con un elevato livello di sviluppo, non hanno nessun bisogno di risparmiare per investire, al contrario un’economia matura necessita di soggetti con una forte propensione al consumo perché proprio quest’ultimo tiene “su di giri” l’economia.

   I paesi maturi, invece, sono quelli che riescono ad ottenere dei profitti che puntualmente investono a discapito dei paesi poveri. In genere si ritiene che solo una minoranza della popolazione mondiale possa essere considerata effettivamente partecipe degli aspetti della produzione e del consumo di massa dell’economia globale ma sono, invece, molte le popolazioni che non partecipano per nulla.

   Secondo alcuni autori che hanno studiato i flussi globali di investimento in relazione alla popolazione, c’è un forte squilibrio fra i paesi industriali avanzati come Nord America, Europa e Giappone e gli altri Paesi. Appare evidente la necessità, anche in quest’ambito dell’economia, di piani per la realizzazione di una maggiore equità anche perché il settore finanziario è quello che ha subito le modificazioni più importanti. Le Borse che per oltre un secolo avevano conosciuto poche variazioni, in poco tempo hanno messo in discussione addirittura il loro ruolo nell’economia.

 La possibilità di trasferire dati via internet ha offerto agli intermediari finanziari l’opportunità di organizzare, in parallelo ai mercati ufficiali, scambi di titoli su circuiti telematici gestiti singolarmente; l’offerta di compravendite on line si è moltiplicata esponenzialmente e i titoli della new-economy sono così tanti che è difficile stabilire quali siano quelli affidabili in quanto, rivoluzioni e “bolle speculative” nutrono lo spirito innovativo anche nelle frodi.

   Il protagonista finanziario della net-economy è il Nasdaq (National Association Security Dealers Automated Quotation) cioè il sistema automatizzato di quotazioni della associazione nazionale degli operatori in titoli; esso esiste fin dal lontano 1971 ma fino a poco tempo fa il livello medio dei prezzi era piuttosto normale. In pochi mesi nel 1999 il “Q ratio” ha raggiunto livelli impensabili perché il rapporto che esso rappresenta, cioè fra il valore delle azioni e gli utili delle società quotate, è salito alle stelle. Nel Nasdaq si riproducono i vantaggi e i limiti della nuova economia: in Borsa vengono trattati titoli di società che hanno bilanci in rosso e che non garantiscono niente al risparmiatore, eppure,  i titoli vanno a ruba perché la gente si fida dei prodotti HighTech.

   Le tecnologie informatiche hanno fatto centro un’altra volta perché  solo grazie ai nuovi circuiti telematici  la Borsa e il mondo finanziario hanno potuto fare un tale salto innovativo.

 

La funzione aziendale che si addice particolarmente alla nuova economia, è quella di marketing. Le imprese odierne non hanno più interesse, come nel passato, a vendere beni e servizi sul mercato, ma vogliono accaparrarsi la fiducia del consumatore per l’instaurazione di un rapporto di fornitura di lungo periodo. Ecco perché la funzione produzione cede il posto a quella del marketing virtuale, cioè una funzione che, nell’era della comunicazione di massa, si adegua all’ambiente esterno e gioca tutto sulla disponibilità e la circolazione delle informazioni tra la domanda e l’offerta di beni e servizi.

 Man mano che i consumatori hanno potuto disporre di tecnologie di comunicazione sempre più sofisticate, potendo quindi ridurre i costi di transazione nei processi d’acquisto, essi hanno parallelamente sviluppato modelli di consumo sofisticati. Di conseguenza le strategie aziendali non hanno potuto non tenerne conto.